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MATTEO PIANO


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MATTEO PIANO

Trent’anni il 24 ottobre, la pallavolo nel cuore e la ricerca della bellezza come mantra di vita: Matteo Piano è un vortice di passioni e curiosità. Per questo motivo ci ha (e si è) messo a disposizione un Lido vuoto. Da riempire con tutto quello che c’è

Ama, Matteo Piano. Ama Milano, la vita, ama quello che fa. E ama a modo suo, con quel sorriso che ti rallegra il cuore e non pensi che sia stampato sulla faccia di chi ha rischiato di perdere le Olimpiadi, passato il lockdown da solo in casa e di chi è rimasto fuori oltre dieci mesi per la lesione del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. No, Matteo Piano ti sorprende sempre. Come quando ti chiede di   passare al Lido di Milano, in una piscina vuota (ringraziamo, a tal proposito, il presidente di Milanosport Chiara Bisconti e il direttore Lorenzo Lamperti, ndr) che per lui rappresenta tutto: «In tutti questi mesi è stata quasi la mia seconda casa, l’ho vista sempre vuota. E per me è questo: una piscina vuota che sa di rinascita».
Piano, mi dica: ora come sta?
«Molto bene. Fisicamente ormai è passato tutto, anche l’intoppo avuto recentemente. Ho voglia di giocare, ma devo rientrare con calma, non posso esagerare. Sono fermo da parecchio».
Partiamo con il progetto Brodo di Becchi: una webradio nata da una forte amicizia. Che cos’è l’amicizia per lei?
«È qualcosa che spesso diamo per scontato, ma non è affatto così. L’amicizia è un valore gigante, un sentimento, una relazione che bisogna aver cura di insegnare ai piccoli. Io la farei diventare materia di studio a scuola, faccia lei».
Addirittura?
«Certo. È un collante, l’amicizia è amore. È un’unione dove devi spesso dare più di quello che ricevi. E qui capisci la fiducia incondizionata, necessaria, che sta dietro all’amicizia».
Un bel discorso, molto moderno.
«Io rappresento quella generazione di nuovi trentenni che pensano anche di poter vivere con degli amici un momento della propria vita».
E nella pallavolo?
«Non dobbiamo essere per forza amici. Uno può esserti simpatico o meno, l’importante è il rispetto. Io ho la fortuna di avere dei grandi e buoni amici nella pallavolo, anche se non è facile».
In casa Powervolley Milano, ad esempio?
«Ho un ottimo rapporto con Luka Basic, una delle più belle persone che abbia mai incontrato in 12 anni di pallavolo. In generale è difficile separare la vita agonistica da quella di tutti i giorni, perché le persone che vedi spesso sono le stesse, per ovvi motivi».
Sempre da Brodo di Becchi leggiamo che «si cerca ostinatamente la bellezza».
«Bellezza chiama bellezza. E la bellezza è insita nelle cose ma anche nelle persone, quelle che dietro hanno una storia. Raccontarla ti riempie il cuore, proprio perché scopri la singola bellezza. Originale e unica».
E Matteo Piano è alla perenne ricerca della bellezza? 
«In tanti mi dicono che sono un romantico, che mi piace vivere la vita. Anche quando andavo ai controlli medici, ad esempio, se avevo tempo mi fermavo per un caffè e ascoltavo le storie delle altre persone. Ciò che è bello non è esclusivamente per gli occhi».
Perché, secondo lei, adesso è così importante l’immagine?
«Perché è comunicazione, è ciò che scrivi e fai. È il tuo biglietto da visita. Ma se non c’è sostanza, rimane fine a se stessa».
E la voce, cos’è?
«Uno strumento di libertà, di pensiero. Io parlo tanto, sotto la doccia, da solo… A volte i miei compagni di squadra si sorprendono perché magari arrivo all’allenamento cantando o parlando tra me e me. Ma parlare è libertà, d’azione e di pensiero».
Brodo di Becchi è un’associazione culturale: ha ancora senso parlare di cultura in un paese dove sembra che tutti cerchino delle strade alternative?
«Assolutamente. Credo sia la salvezza, soprattutto di fronte a scene inspiegabili alle quali assistiamo ancora tutti i giorni. È come a scuola,: c’è quello che devi studiare e poi ci sono le tue passioni. Ecco, la cultura andrebbe fatta con le passioni».
Entriamo a casa Piano: cosa fa Matteo quando è tra le sue mura domestiche?
«Io sono uno che non si ferma mai, ma ho capito che ogni tanto è importante staccare la spina. Spesso sto a casa per prendere contatto con me stesso. Leggo, guardo film, chiamo amici e cucino… cose semplici, eh (ride, ndr)».
Il momento di maggior sconforto che ha provato e il momento, invece, di grande gioia della sua vita?
«L’infortunio al tendine d’Achille l’ho preso davvero male. Per il momento di gioia potrei dire la medaglia d’argento a Rio 2016, anche se arrivare ad un passo dal trionfo non è che puoi sempre leggerlo come un qualcosa di positivo. Diciamo che il ritorno, dopo questi dieci mesi di assenza, è stato un momento entusiasmante».
Che cos’è Milano per lei?
«Mai mi sarei immaginato, da giovane, di vivere così intensamente questa città. Una città che ho amato sin da subito, perché la sento molto mia come ambiente, come filosofia di vita. Una città aperta, l’ideale dove far crescere anche un progetto come Brodo di Becchi».
Se dico Lucio Fusaro?
«Una persona con cui abbiamo grande sintonia, vediamo lo sport in maniera molto simile e lui giudica lo sportivo come un uomo completo. È una cosa meravigliosa, anche se non è una cosa così comune perché spesso lo sportivo è visto e compreso solo per le sue gesta in campo, non per quello che è fuori dal contesto agonistico».
Ha detto che ama Milano: si sente amato dal suo pubblico?
«Credo di sì, ma Milano è una città esigente. Tu devi essere qui per vincere, altrimenti non conti nulla. È vulcanica, in continuo fermento, ti chiede di rimanere a giri alti per tutto l’anno. Che poi è il nostro obiettivo come Allianz Powervolley Milano: vogliamo provare a riportare questa città nella pallavolo che conta».
È innamorato?
«Della vita, molto. Voglio vivere tutte le giornate, respirare a pieni polmoni tutto quello che mi viene proposto. Non voglio perdere nemmeno un minuto e quello che ho patito, con questo lungo infortunio, ne è la riprova. Dobbiamo godere ogni possibile momento di gioia, perché non puoi sapere cosa accade domani».
Adesso è il momento giusto per?
«Rischiare. Devi sentirtelo nelle tue corde, ma in questo momento storico, dopo quello che abbiamo vissuto, è arrivato il momento di tornare a fare quello che vogliamo. Abbiamo subito delle privazioni, giuste, ma è arrivato il momento di tornare a fare. A costruire».

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